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Vite agrodolci: «Ragazzo d’oro, ragazza di smeraldo» di Yiyun Li


«Al mondo non ci sarebbero problemi se non fosse per le persone stupide che commettono errori stupidi» dice la quattordicenne Ying alla nonna Ailin con una sintesi incredibile quanto involontaria di storia umana; ma leggerezza e ottusa stupidità sono anche due motori potenti nei rapporti umani descritti in Ragazzo d’oro, ragazza di smeraldo, la raccolta di racconti di Yiyun Li, pubblicata a giugno da NN editore con la traduzione di Eva Kampmann. Le persone che abitano questi racconti sono individualità incapsulate in una bolla iperbarica che non hanno interesse a lasciarsi toccare dal mondo: «“i deboli di carattere scelgono di odiare”, disse. “È la cosa che fa meno male, non sei d’accordo?”» chiede l’anziana madre al maestro Fei nel racconto Un uomo come lui. La solitudine è anche una fortezza, blindata dall’autonomia personale, e se i due coniugi di Prigione si aggrappano l’uno all’altra con tanta tenacia, non può che essere un segno di vecchiaia e di pavidità di fronte ai cambiamenti, «un desiderio di solitudine che alla fine avrebbe trasformato la morte in un sollievo». Oppure ci si circonda di persone da aiutare perché l’altruismo è funzionale all’autoaffermazione, come nel racconto La proprietaria, sul cui palcoscenico la signora Jin domina la vita delle proprie pensionanti sfortunate, in cerca di riconoscimento e gratitudine, dopo una vita decorosa grazie a un padre che ha fatto fortuna con la Rivoluzione, un marito che non ha mai commesso un errore stupido, e un bravo figlio che non l’avrebbe mai lasciata morire nelle mani di infermieri indifferenti.


Questo è l'incipit della recensione pubblicata su Altri Animali, e trovate il resto qui.

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