«What we did was to help our generation realize They got to get busy cause it wasn’t gonna be televised.» Gil Scott-Heron, Message to the Messengers
In The Tempest, scritta intorno al 1610, William Shakespeare arma Prospero delle seguenti parole: «But as ’tis, we cannot: he does make our fire, fetch in our wood, and serve in offices that profit us. What ho! Slave! Caliban! Thou earth, thou!», e così nel primo atto entra in scena Caliban lo schiavo. È selvaggio, bestiale, deforme, «fango» lo chiama Prospero; soprattutto, Caliban è nero. Caliban è fango anche per i personaggi di The Turner Diaries (in Italia per Bietti editore col titolo La seconda guerra civile americana), romanzo distopico di Andrew Macdonald (pseudonimo di William Luther Pierce) del 1978, manifesto e bibbia dei suprematisti bianchi ancora oggi. Macdonald-Pierce ipotizza una guerra civile che porti alla pulizia etnica di tutti i non bianchi (neri, asiatici, ebrei), spazzati via dal Nordamerica, e renda finalmente gli Stati Uniti lo specchio della Gerusalemme celeste cantata nell’Apocalisse di Giovanni. Ma se i neri scomparissero dall’America, sarebbe davvero così? E se ne andassero di loro spontanea volontà?
Questo è l'incipit della recensione pubblicata su minima&moralia, e trovate il resto qui.
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