«Io sono il conte Dracula, io sono il re dei vampiri, io sono immortale.» Con queste parole Bela Lugosi muore il 16 agosto 1956. Edgardo Franzosini traccia la storia di Béla Blasko conosciuto nel mondo come Bela Lugosi, in Bela Lugosi, un pregevole volumetto del 1998 per i tipi di Adelphi, trattandolo come un cammino tortuoso che porta alla scoperta dell’uomo che si trasfigura nel suo personaggio. Franzosini con cura e abilità riesce a narrare la biografia dell’attore ungherese come se fosse la storia di una personaggio di fantasia, quasi fosse necessaria la sospensione d’incredulità tipica delle letture gotiche.
Blasko è un personaggio che tiene la scena da solo; nei teatri di Budapest la sua figura domina la scena in rappresentazioni drammatiche e suggestive. Non nella commedia, però: la sua recitazione non ha brio insieme alla risata, non dà calore, «Perdere la propria individuale cadenza interna a vantaggio del ritmo collettivo, questo significa spesso la commedia… e questo davvero non mi riusciva» dirà infatti l’attore stesso ricordando quelle rappresentazioni mortificanti. Imbarcato su una nave, arriva negli Stati Uniti dove il cinema muto lo aiuta a superare l’impatto con la lingua sconosciuta, e cambia il proprio cognome in Lugosi per mantenere il legame con la città natale, Lúgos. L’accento ugro-finnico che resta incollato nei suoi dialoghi in questi primi anni americani contribuisce al successo del suo Dracula, impersonato teatro dopo teatro, sera dopo sera. Nel 1931, quando la casa di produzione Universal decide di investire la cifra di quattrocentomila dollari nella versione cinematografica del vampiro, Lugosi sente che quel ruolo gli spetta di diritto; per nascita, quasi. La sua dedizione al vampiro, anche nella veste cinematografica, è commovente: l’ungherese è protagonista di un lungo carteggio con Mrs Stoker - sì, proprio la vedova di Bram, autore di Dracula - per convincerla a cedere i diritti del libro alla Universal a un prezzo favorevole. Il suo inglese stentato aiutato dall’ostinazione ha la meglio, e la casa di produzione, riconoscente, gli affida il ruolo. Il suo conte Dracula, declinato in diversi film, il frac, la brillantina, lo sguardo penetrante negli occhi bistrati resteranno nell’immaginario per molti e molti anni. In qualche punto di questa vita sui palchi e sugli schermi avviene lo scambio: il vampiro scende sull’uomo e ne risucchia tutta l’identità. Bela Lugosi è Dracula e Dracula è Bela Lugosi, quando recita la parte del vampiro ormai è come se recitasse la parte di se stesso. L’attore, spirato dopo avere pronunciato la sua personale professione di fede al conte, viene seppellito col suo nero mantello da vampiro, quasi avvertendo «confusamente, con un senso smanioso, indefinibile di vuoto, anzi di vôtamento, che il loro corpo è quasi sottratto, soppresso, privato della sua realtà».
L’autore di questo libretto curioso ed essenziale riesce magistralmente a raccontare l’uomo e il suo scivolare lento e inesorabile verso il personaggio senza mai scadere nel grottesco, senza far perdere di vista al lettore l’umanità del protagonista. L’uomo reale non si confonde col Dracula che tutti conosciamo e nel quale avremmo perso - senza una scrittura così puntuale - i margini definiti di Bela Lugosi: «Mi si dovrà spiegare perché sono ritenuto pazzo per il solo fatto di credermi il conte Dracula, dal momento che l’intero mondo che voi mi mostrate attraverso questa scatola si rivela molto più assurdo e più folle di quanto possa essere io».
Ascolto consigliato: Bauhaus, Bela Lugosi’d dead
Autore: Edgardo Franzosini
Titolo: Bela Lugosi
Editore: Adelphi
Recensione originariamente pubblicata su Radiosonar.net, proprio qui.
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