Nel Cinque e Seicento vi era l'uso di bruciare sul rogo, assieme alle streghe, tutti gli atti processuali. E seppure è vero che le fonti a stampa dell'epoca rendessero conto del dibattito demonologico, pure la voce delle vittime scompariva tra le fiamme. Gli interrogatori registrano solo le parole dei carnefici, e la storia delle donne è persa nel rogo. Eppure, una storia sopravvive: è quella di Madeleine Bavent, monaca sottoposta a stupri, molestie e torture psicologiche fino a impazzire e essere quindi accusata di stregoneria. Madeleine, condannata ad essere sepolta viva, sopravvive alla prigionia, ai tentativi di suicidio e alle violenze e scrive le sue memorie che saranno l'impianto accusatorio per i suoi aguzzini: il confessore, i preti e le suore del monastero.
«La Giustizia deve fare attenzione alle persone alle quali ci affida nelle prigioni e durante i trasferimenti perché abbastanza spesso le pecore vengono affidate alla sorveglianza dei lupi.»
Madeleine Bavent è riconosciuta colpevole di apostasia, sacrilegio e magia, di «cose abominevoli, vergognose e detestabili», di aver vergognosamente prostituito il proprio corpo ai Diavoli e altre persone. E Madeleine racconta che «mi guardavo bene dal confessare cose così orribili per timore di essere rimessa nella segreta, di essere impiccata e di essere anche bruciata viva, ma che lo sarei stata lo stesso. A quel punto ammettevo tutto, e il desiderio di liberarmi con una più rapida morte dalle sofferenze [...] mi avrebbe fatto ammettere ancora dell'altro.»
Madeleine penitente è infine soccorsa, dopo anni, da buoni religiosi, e la sua confessione sarà fondamentale per la sentenza del tribunale di Rouen nel 1647, che la sospenderà dal giudizio, condannando invece i suoi tormentatori.
La storia delle donne passa anche attraverso la caccia alle streghe. Per la testimonianza di Madeleine Bavent, consiglio La strega (Edizioni Clichy).
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